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A letto con Gio Ponti

20 giugno 2024
LA FONTE

Door

A letto con Gio Ponti. Ma anche con Gae Aulenti, Marco Zanuso, Nendo…

A letto con Gio Ponti. Ma anche con Gae Aulenti, Marco Zanuso, Nendo…

La misura era colma. E così, un giorno del 1927, prese carta e penna e senza troppi giri di parole Nazareno Gabrielli scrisse al sindaco di Tolentino. Toccava a lui risolvere il problema. Che non era certo di ordine pubblico ma di ordine mora-le. Oltreché produttivo. Difatti da quando ave-va aperto la nuova sede della sua azienda all’ingresso dell’antica città marchigiana, tanti, troppi, ragazzotti passavano le ore sulle panchine proprio lì davanti a sbirciare le ragazze a lavoro e ad aspettarle all’uscita del turno per corteggiarle. D’altronde una “gabriellina” era una moglie assai ambita: portava a casa un ottimo stipendio. In più non rientrava incrostata di terra e zuppa di pioggia come chi si spezzava la schiena in campagna. Basta guardarle in una foto d’epoca le “gabrielline”, sono all’opera sulle macchine da cucire: giovani, belle, ben vestite. Una parte della colpa di quel via vai di giovanotti l’imprenditore ce l’aveva lui stesso. Quando nel 1920 erano iniziati i lavori aveva chiesto agli architetti di realizzare delle grandi finestre che affacciassero direttamente sulla strada per far entrare più sole possibile risparmiando così sull’illuminazione artificiale. L’edificio che ne nacque, con i suoi elegantissimi dettagli Liberty, divenne subito il centro della vita economica di Tolentino vivendo ere di gloria e decenni di abbandono.

Poi, dopo il terremoto del 2016 che ha sfregiato molti palazzi storici, l’imprenditore Franco Moschini ha deciso di dare nuova vita a Villa Gabrielli (oltre alla fabbrica l’edificio accoglieva anche l’abitazione della famiglia) trasformandola nell’hotel Interno Marche, un quattro stelle come non ce n’è nessun altro in Italia. Ognuna delle 30 stanze è infatti dedicata ad altrettanti designer e movimenti artistici e, insieme, racchiudono alcuni dei pezzi più celebri di ciascun progettista. Si può provare il brivido di dormire con Gio Ponti e Gae Aulenti, con Nendo e GamFratesi, con Vico Magistretti e Franco Albini, con Marco Zanuso e Mario Bellini. «La scelta del “tu-sì-tu-no”», spiega a door l’architetto Carlo De Mattia, presidente della Fondazione Design Terrae della Moschini Spa, «è stata fatta su un principio semplice: i designer amici di Franco Moschini e coloro che hanno lavorato con lui nella sua lunga carriera all’interno del mondo dell’arredo». Classe 1934, maceratese di nascita, Moschini è stato, ed è, uno degli industriali che hanno contribuito alla nascita del made in Italy. Anche se la sua carriera nel mondo del mobile è nata quasi per caso. Nel 1962, lui è contabile in una fornace di Macerata, sposa Isabella Brandi (discendente di Nazareno Gabrielli) e suo suocero gli chiede consiglio su cosa fare di Poltrona Frau, brand amato in tutto il mondo ma ormai caduto in disgrazia per la cattiva gestione degli eredi del fondatore e indebitato fino al collo con la Conceria del Chienti, di proprietà Brandi. Moschini decide che non può scomparire: sposta la produzione a Tolentino (nei primi anni proprio a Villa Gabrielli) e inizia a chiamare i più grandi creativi che, insieme agli artigiani che avevano un know how nella lavorazione della pelle, fecero di Poltrona Frau uno dei marchi dell’arredamento di lusso e di ricerca. Nel 2003 con i fratelli Montezemolo dà vita al gruppo Charme con l’obiettivo di unire i brand più importanti del settore come Cassina, Gufram, Gebrüder Thonet, Cappellini. Un super gruppo che però viene venduto nel 2014 al fondo americano Haworth. «Con una biografia così», continua De Mattia, «Moschini ha incrociato le migliori menti creative italiane e internazionali. Con qualcuno è diventato molto amico come nel caso di Gae Aulenti che ha anche progettato la sua villa. Le scale che caratterizzano la facciata le abbiamo citate nella stanza a lei dedicata, così come il colore rosso delle pareti molto amato dall’architetta».

Per chi ha il pallino della cronologia la visita (anzi, il soggiorno, perché Interno Marche anche se sembra un museo è un albergo a tutti gli effetti) non può che cominciare dalla stanza dedicata a Michael Thonet che nel 1819 aprì il suo primo laboratorio di mobili in legno curvato e da cui nel 1850 uscì la N. 1 con seduta in paglia di Vienna, la sedia che dà origine a ciò che oggi chiamiamo design. Non è un caso che proprio l’azienda (che dalla Germania si era spostata in Austria) fu quella che mise in produzione i mobili in tubolare d’acciaio nati dalle migliori menti del Bauhaus e del movimento Moderno: Mies van der Rohe, Le Corbusier, Marcel Breuer.

Nella camera Thonet si fa un salto nel tempo: la celeberrima poltrona a dondolo, il letto con testiera piena di curve, riccioli e volute, un separé, una consolle con specchio ovale sono tutti rigorosamente d’epoca e appartenenti alla collezione di Moschini: Gebrüder Thonet è l’unico marchio d’arredo rimasto nelle mani dell’imprenditore marchigiano e i prodotti dell’azienda sono stati utilizzati per il grande bar del piano terra e per il ristorante L’Opificio nel piano interrato di Interno Marche. Dice Cristiana Antonini, architetta di OraStudio di Tolentino che ha curato l’intera progettazione dell’hotel: «Tutti i pezzi di design che abbiamo inserito nelle camere sono stati acquistati dalle aziende che attualmente li producono oppure, è il caso del letto Lullaby di Luigi Massoni, abbiamo chiesto a Poltrona Frau di rifare il modello originario del 1969 nel colore rosa che fu protagonista di una celebre campagna pubblicitaria in cui il letto fu messo a piazza Duomo a Milano. Nel caso di Thonet abbiamo pensato di offrire ai visitatori un’esperienza unica, che non ha eguali, credo, nel mondo: poter essere circondati, vivendoli, da arredi di fine Ottocento».

Come in ogni stanza dell’hotel si pone però il problema della conservazione di mobili tanto preziosi. Solo per dirne una: la libreria Veliero di Franco Albini per Cassina, che Moschini ha personalmente voluto per la stanza a lui dedicata, costa quasi 40 mila euro. «Non vogliamo che gli ospiti siano intimoriti da questi oggetti così importanti», spiega Antonini. «Perché il design nasce non per essere osservato a distanza nei musei o per finire sui libri ma per essere vissuto. Interno Marche vuole offrire un’esperienza a tutti coloro che hanno immaginato di convivere con arredi così belli ma che non hanno l’opportunità di farlo». Certo, come buon senso impone, per fare in modo che il bello non diventi scarto ci vuole cura e attenzione che però non significano distanza e intoccabilità.

Costato ben oltre i 10 milioni di euro, la cifra esatta non è stata comunicata, Interno Marche è un’impresa con una natura un po’ poco imprenditoriale: l’obiettivo non è recuperare l’investimento ma che l’hotel, anche grazie al bar e al ristorante aperti alla città, possa “mantenersi” da solo. «Ho cercato di ridare a Tolentino», dice a door Franco Moschini mentre si siede al tavolo per mangiare, «un po’ di quello che Tolentino ha dato a me e alla mia azienda». Come fu per il Teatro Politeama che, su progetto di Michele De Lucchi è stato creato nell’ex edificio del dopolavoro della Nazareno Gabrielli. Interno Marche vuole anche essere un segnale di speranza per una città che il terremoto ha messo in ginocchio. Ora che quasi tutto il centro medievale è stato riportato al suo originario splendore fatto di palazzi, campanili, torri degli orologi, chiese, stradine, portoni in pietra scolpiti è un bel segnale avere una struttura ricettiva che possa accogliere un turismo colto interessato all’arte in ogni sua forma, dal Romanico al design.

Tra le stanze di maggior impatto visivo quella dedicata a Marco Zanuso – con le armadiature che sembrano quelle di un film di fantascienza –, quella che celebra il movimento Radical – specchiarsi in pigiama nell’Ultrafragola di Ettore Sottsass per qualcuno può essere già un buon motivo per un viaggio – e quella che omaggia Mario Bellini in cui delle nicchie di legno laccato nero creano un divertente effetto ottico. In tutte le camere c’è poi un QrCode: inquadrandolo si accede a un archivio digitale curato da Design Terrae in cui si naviga attraverso più chiavi di ricerca in tutte le opere raccolte nell’hotel.

«La difficoltà più grande di questo progetto», continua Antonini, «non è stata scegliere i pezzi più significativi dei grandi designer ma ideare delle stanze che, dovendo rispondere a degli alti standard di ospitalità, parlassero di quel protagonista. Tutti gli armadi e i letti – quando il designer non ne ha fatti – sono stati disegnati da noi e realizzati da aziende del territorio che, per fortuna, hanno una capacità industriale e artigianale di altissimo livello».