Marche: design, storia, territorio e ospitalità

15 gennaio 2025
LA FONTE

Style Magazine

A ogni angolo il suo recupero, l’intervento-sorpresa, il pezzo unico

A ogni angolo il suo recupero, l’intervento-sorpresa, il pezzo unico

C’È QUALCOSA PER TUTTI: a Interno Marche i clienti e gli ospiti del gruppo Tod’s (la cui sede moderna, a Brancadoro sotto Casette d’Ete, si trova a 20 minuti di strada) che chiedono della camera 307 (quella ispirata a Gae Aulenti); il notaio di Macerata che organizza un ricevimento per la laurea del nipote al ristorante; l’operaio in pensione che da Giulianova sale per un caffè all’anisetta con la moglie per rievocare i giorni in cui lavorava là sotto, dove ora c’è il ristorante. Sia i due buyer tedeschi in trasferta da Trieste in giù sia la giovane coppia di milanesi altospendenti che qui fa tappa sulla strada verso la masseria pugliese di fiducia trovano stanze dal layout sorprendente (la 105 con i pezzi modernisti di Marc Newson, la dependance dedicata alla Secessione Viennese…). Mentre per tanti altri che si trovano a transitare dal cuore nobile del Centroitalia, tra le colline del maceratese, nello storico borgo che lavora sodo (qui è tradizione) per sanare le cicatrici del terremoto che nel 2016 ha colpito l’Apennino umbro-marchigiano, può valere come un avviso: da poco meno di un anno a Tolentino (Mc), dove c’è anche la sede di Poltrona Frau (con Museum e annesso punto vendita «friends and family»), Interno Marche è il nome con cui è rinato lo storico palazzone liberty: e rispetto al solito «design hotel» (quelli con rubinetterie astruse e luci collegate a tastiere randomiche) offre molto di più. A partire da una storia multistrato che passa per due genius loci: Franco Moschini, imprenditore dal piglio visionario che «negli anni Sessanta portò l’attuale Poltrona Frau da Torino a Tolentino scegliendo come sede iniziale gli stessi spazi dove le basi della manifattura di tutto l’alto maceratese erano state poste da Nazareno Gabrielli». Un palazzo-mondo con produzione e uffici a livello strada e al piano di sotto e gli spazi di rappresentanza e residenza padronale ai piani alti. «La tradizione della concia della pelle apparteneva già a questo territorio ma con Moschini entra nella modernità, in dialogo con grandi designer, a cominciare da Gio Ponti. Alla fine degli anni Sessanta, in un’azienda a Tolentino, era un po’ un sogno».

IL RACCONTO VIENE DA Silvia Ruffini, tolentinate, che dopo avere a lungo affiancato Moschini ai vertici di Poltrona Frau è oggi l’a.d. di Interno Marche: incrocio tra locanda per palati fini e museo del design, e crocevia dove s’incontrano molto concretamente, la tradizione manifatturiera locale e il senso marchigiano per l’ospitalità e il buon vivere. Soggiorni e cene, aperitivi o riunioni di lavoro, cure nella spa o anche esercizi in palestra,tè in giardino e prime colazioni in veranda; tutto tra camere e spazi comuni in cui si vive e si tocca con mano un’antologia di «eccellenze italiane»: tutti gli arredi vengono dalle aziende-firma premium che hanno incrociato il proprio percorso con le attività di Moschini (oggi ultra 90enne, con la Fondazione a realizzarne, attraverso fiduciari le idee, con un rubusto budget che per Interno Marche pare abbia superato i 20 milioni di euro).

UNA SORTA DI «PASSION PROJECT» per far rivivere lo storico edificio che fino al 2020 era rimasto, nel gergo delle maestranze locali, un «cdm», ossia «cumulo di mattoni». Stesse iniziali di Carlo De Mattia, architetto responsabile del design; sue le ricerche filologiche per gli allestimenti dell’hotel e i pannelli informativi (anche con QR code). Restauri, opere di architettura, ingegneria e interior design sono a cura del tolentinate Studio Ora; numerosi sono i recuperi d’archivio e pezzi unici (nella stanza 210 dedicata a Gio Ponti c’è un lampadario ricreato da Venini a Venezia; nella 205, il baldacchino in acciaio e pelle di Roberto Lazzeroni ricreato da Poltrona Frau). Le cinque dependance (dedicate a stili architettonici: da Arts & crafts ai postmoderni) e 25 stanze, ognuna ispirata a una figura chiave del design che ha lasciato il segno da queste parti. Da Gae Aulenti (amica personale di Moschini nonché artefice del restauro della sua dimora di campagna di cui si favoleggia), ai coniugi Vignelli (autori della mappa della metrò di New York, o della sigla del Tg2); da Piero Lissoni a Michele De Lucchi (architetto già chiamato a Tolentino per ripensare – auspice sempre Franco Moschini – l’ex dopolavoro di Nazareno Gabrielli facendone il moderno Politeama cittadino). Architetti e designer viventi sono stati coinvolti direttamente; in altri casi il dialogo è passato da eredi e fondazioni oltreché da fornitori di mobili e oggetti (Cassina, Cappellini, Gufram, Zanotta…). Ogni cosa sull’ascensore «costruito nel vano del vecchio montacarichi da cui le poltrone realizzate nel seminterrato passavano per essere caricate dai furgoni a livello strada» che porta giù al ristorante Opificio e ancora più giù, negli ipogei dove oggi si trovano Spa, palestra, sauna e piscina. Da qui, solo per antiche scale, si scende ulteriormente fino a un’area cavernosa che qui chiamano «gli Inferi»: una fuga di possenti mura in pietra a vista (con trascorsi anche di rifugio antiaereo) che funge anche da uscita posteriore, sul parcheggio. L’ultimo livello di storia esplorabile per Interno Marche: si va in profondità, si accarezzano le fondamenta.